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Fragilità in aumento: servono professionisti della resilienza
La crisi pandemica e post-epidemia, che si tradurrà in impatto economico e occupazionale amplierà ovunque l’area del disagio e delle fragilità. Un report Onu dal titolo “Covid-19 e la necessità di agire sulla salute mentale“, pubblicato prima che emergesse Covid-19, definiva questa mappa relativa al benessere mentale delle persone:
- L’economia globale perde più di 1 trilione di dollari all’anno a causa della depressione e dell’ansia.
- La depressione colpisce 264 milioni di persone nel mondo.
- Circa la metà di tutte le condizioni di salute mentale inizia all’età di 14 anni.
- Più di 1 persona su 5 che vive in contesti di conflitto ha problemi di salute mentale.
- A livello globale, il numero di professionisti in tema di salute mentale resta esiguo: meno di uno specialista per ogni 10.000 persone.
Proviamo a concentrarci su quest’ultimo punto: occorrono professionisti seri, preparati e aggiornati, in grado di ascoltare e sanare le fragilità crescenti, che purtroppo dilagheranno, perchè durante i periodi di crisi come quello che stiamo vivendo si genera un surplus di timore e stress, innescando una reazione a catena che rischia di compromettere la capacità di agire: la paura riduce il nostro campo visivo e rende impossibile scorgere il quadro generale, guardare il bicchiere mezzo pieno e cogliere le opportunità che ogni situazione offre.
L’HBR, in termini di auto-aiuto, consiglia soprattutto tre atteggiamenti mentali:
Calmare la mente concentrandosi sul presente.
Focalizzare l’attenzione sul momento che si sta vivendo permette di avere un quadro più chiaro della situazione. In questo modo possiamo tenere a freno la mente, evitando che si perda in pensieri negativi. Quando ci impegniamo a restare concentrati sul presente e perseguiamo la mindfulness, noi costruiamo e alleniamo il “muscolo della resilienza”, che ci tornerà utile per superare i momenti di crisi (tanto personali quanto globali).
Riflettere invece di reagire
Paura e preoccupazioni possono causare reazioni esagerate. Per questo, piuttosto che restarsene seduti ad elaborare i cattivi pensieri, può essere utile fare qualcosa, qualsiasi cosa, che permetta di allontanare momentaneamente la mente dal problema. Guardare fuori dalla finestra, fare qualche passo per casa, svolgere brevissime incombenze: tutto può tornare utile. L’importante è concedersi il tempo per riflettere e agire solo una volta ponderata la situazione.
Dedicarsi agli altri con compassione.
Negli ultimi mesi, le occasioni di socialità sono state duramente provate: il clima resta difficile e può generare un senso di disagio e ansia. Bisogna però ricordarsi che si possono creare legami profondi anche rispettando il distanziamento fisico. Offrirsi agli altri e cercare di aiutarli diventa cruciale, specie in un momento come quello attuale. Mostrare compassione significa iniziare a domandarsi “Come posso aiutare la persona che ho di fronte ad avere una giornata migliore?” Allenandosi si farà del bene ed aumenterà l’empatia, prima spia positiva di una proattività quantomai necessaria
L’articolo completo di Randstad da cui abbiamo tratto spunto
Con lo smartworking occorre potenziare la sicurezza informatica
Lo #smartworking ha tanti lati positivi ma deve fare i conti con una sicurezza informatica da rafforzare. Ipsoa suggerisce una checklist per alzare l’asticella dell’attenzione, con poche regole di base che – specialmente per strutture organizzative che si stanno avvicinando alla questione senza un know how già consolidato – consentono di presidiare i fronti di criticità e ovviare tempestivamente ad eventuali problemi.
https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/rapporto-di-lavoro/quotidiano/2020/06/25/smart-working-cyber-security-check-list-aziende
L’indice di “sviluppo umano” regredisce per la prima volta
Lo sviluppo umano sta tornando pericolosamente indietro, nel mondo: è quanto emerge dallo ‘Human Development Report’ (HDR, edizione 2020), a cura dell’Ufficio per lo sviluppo umano del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), che evidenzia una regressione, per la prima volta dopo 30 anni.
“Con il Covid la natura ci sta dicendo che la salute ed il pianeta sono interconnessi. Nulla sarà più lo stesso, ma può essere meglio se tutti, individui e comunità, faranno scelte sagge, consapevoli su come vogliamo lasciare la nostra impronta sul pianeta”, ha detto Inger Andersen, executive director del programma sull’ambiente per le Nazioni Unite. “La distruzione ha assunto proporzioni su scala mondiale e in modo sincronizzato senza precedenti tanto da dovere aggiornare l’indice di ‘sviluppo umano’ che per la prima volta da 30 anni sta regredendo. – ha precisato Achim Steiner, amministratore del Programma sviluppo delle Nazioni Unite. “Dobbiamo ripensare ai nostri modelli economici e sociali. Ogni crisi porta con sé una opportunità che i leader globali devono cogliere”, è stato detto in fase di presentazione del Rapporto.
“I giovani di tutto il mondo stanno pagando cara questa pandemia, anche in termini di opportunità economiche per la ricerca del primo impiego ma anche per il danneggiamento del pianeta a opera nostra – ha detto Joseph Stiglitz, economista e docente alla Columbia University, Nobel per l’ economia nel 2001.
La domanda chiave è capire come rendere questa crisi un’opportunità per un cambiamento positivo. Dopo la crisi pandemica come ricostruire meglio il futuro dello sviluppo per una società più sostenibile ed egualitaria a livello mondiale?
Tre giovani donne da Nobel
Il mercato del lavoro appare ancora molto penalizzante per le donne, e il lockdown ha lasciato un ulteriore segno.
I dati Istat di aprile raccontano di 438.000 donne inattive e un calo dell’occupazione di 10mila unità in più rispetto a quella maschile. Una delle motivazioni va ricercata nei settori colpiti più duramente dalla pandemia: ristorazione, retail, servizi ricettivi e soprattutto servizi per la cura delle persone, come conferma il presidente della Fondazione Adapt, Francesco Seghezzi: “C’è un’incidenza maggiore di donne in settori che sono stati chiusi più a lungo, come il mondo dei servizi alla persona privati quindi badanti e baby sitter, sia pubblico come i centri estetici, parrucchieri, palestre o il mondo del retail dove il numero delle commesse è alto. Quindi le donne hanno smesso di cercare lavoro con il conseguente aumento dell’inattività”.
In chiave di giornalismo costruttivo, ci piace guardare però anche ad esempi che invertono i trend e ci lasciano ben sperare per il futuro. Su Futuroprossimo.it leggiamo di tre giovani donne che possono ambire al Premio Nobel, grazie ad avanzatissimi studi e ricerche d’avanguardia assoluta. Ecco le loro storie