Ore e ore a giocarci su da parte dei ragazzi, ma per produrre una PlayStation bastano 30 secondi!
Accade in uno stabilimento altamente automatizzato che Sony possiede nella baia di Tokyo, con una linea produttiva di una trentina di metri in cui ci sono sono solo 4 persone (due per aggiungere la scheda madre, altre due per inserire la console finita nella confezione) a fronte di 32 robot, ognuno dedicato a un compito preciso. La maggior parte si occupa di collegare fili, nastri e altre parti flessibili. Il cavo piatto flessibile della console, ad esempio, scrive Ansa, riprendendo un articolo della Nikkei Asian Review, è collegato a un braccio robotico che lo regge a un altro che lo torce in una direzione e con una forza precise.
Cosa possiamo imparare?
Sospendendo il giudizio ideologico (è giusto o non è giusto, possiamo discuterne per mesi…) vediamo che i processi di lavoro legati alla manualità e alla precisione sono e saranno sempre più demandati a macchine, algoritmi e#robot.
Come rendersi meno sostituibili?
– Alzando l’asticella delle competenze, sapendo che nei processi produttivi l’evoluzione robotica sarà sempre più spinta. Pensare di voler fare l’operaio classico in fabbrica significa avere pochissime chances. Oggi anche quelle figure devono avere competenze 4.0 per dialogare e supportare le macchine
– Curando l’aspetto relazionale e comunicativo (che i robot non sanno fare)
– Preparandoci attivamente e preventivamente, se siamo in fabbrica e percepiamo che il nostro lavoro possa essere sostituito da braccia meccaniche.
La formazione dovrebbe essere a cura delle aziende ma poche volte avviene. Per cui occorre fare da sè, cambiando prima che altri ci costringano a cambiare…
Credit photo: Nikkei Asian Review