Il mercato del lavoro appare ancora molto penalizzante per le donne, e il lockdown ha lasciato un ulteriore segno.
I dati Istat di aprile raccontano di 438.000 donne inattive e un calo dell’occupazione di 10mila unità in più rispetto a quella maschile. Una delle motivazioni va ricercata nei settori colpiti più duramente dalla pandemia: ristorazione, retail, servizi ricettivi e soprattutto servizi per la cura delle persone, come conferma il presidente della Fondazione Adapt, Francesco Seghezzi: “C’è un’incidenza maggiore di donne in settori che sono stati chiusi più a lungo, come il mondo dei servizi alla persona privati quindi badanti e baby sitter, sia pubblico come i centri estetici, parrucchieri, palestre o il mondo del retail dove il numero delle commesse è alto. Quindi le donne hanno smesso di cercare lavoro con il conseguente aumento dell’inattività”.
In chiave di giornalismo costruttivo, ci piace guardare però anche ad esempi che invertono i trend e ci lasciano ben sperare per il futuro. Su Futuroprossimo.it leggiamo di tre giovani donne che possono ambire al Premio Nobel, grazie ad avanzatissimi studi e ricerche d’avanguardia assoluta. Ecco le loro storie