Ne parlavamo a tavola, ieri, con mio figlio, in un confronto tra generazioni che arricchisce sempre (spero) entrambi, divisi da trent’anni di età in un solco generazionale che ha rovesciato molti paradigmi, ma uniti dalla voglia di confronti. Pazienza è un qualcosa che associamo alla calma, alla costanza, all’assiduità, all’applicazione senza sosta, alla pianificazione a medio e lungo periodo.
Chi, come me, è un immigrato digitale, sa cosa significa pazientare: aspettare che la cabina telefonica si liberasse per poter parlare con i genitori o la fidanzata; aspettare l’uscita di un 45 giri per correre a comprarlo; dotarsi di infinita pazienza per trascorrere giornate intere in biblioteca in cerca di preziosi spunti per un esame o per comporre la tesi; aspettare di poter racimolare qualche risparmio per poter andare in viaggio con gli amici.
Il digitale e la platform economy hanno, di fatto, cancellato questi processi, consegnando ai nostri ragazzi una dimensione del “clic” che è una metafora del “tutto e subito”, il che spesso li rende insoddisfatti, dipendenti dalla gratificazione immediata (e illusoria). Se la gratificazione è nello smartphone o a portata di mano, se in Rete hai molto gratis e se qualche sfizio a pagamento ti arriva in un giorno a casa, perchè aspettare? Se hai l’appagamento immediato con un clic, perchè “patire” (richiamando l’origine della parola pazienza)?
Del resto, ammettiamolo, siamo diventati anche noi un po’ allergici all’attesa. Tuttavia, conserviamo il retaggio di un muscolo fantastico, che è la pazienza, e lo consideriamo ancora prezioso perchè, notoriamente, amplifica il piacere e lo rende molto più stabile. Riusciremo a trasmettere questo concetto alle giovani generazioni?
E’ una questione affascinante su cui continuerò a confrontarmi con i ragazzi, perchè dallo scambio e dal dialogo possano nascere ponti costruttivi e non muri divisivi. Nel frattempo, però, trovo conferme e nuove domande in questo articolo su Simon Sinek, uno che ha indagato profondamente sui Millennials e può insegnarci sempre tanto.
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