Si può allenare la felicità? E’ una delle domande-chiave nell’ambito del mindset, e Filippo Di Nardo, direttore di Kongnews, l’ha rivolta al professor Sandro Formica, accademico di Scienza della Felicità alla Florida International University negli Stati Uniti, in una lunga e interessante intervista che consigliamo di leggere.
A questa domanda il prof risponde così: “Sono sicuro che anche lei avrà avuto la fortuna di conoscere persone che, da quando sono nate, sembrano avere un’attitudine positiva nei confronti della vita. Si lasciano scivolar via situazioni spiacevoli e si concentrano ed enfatizzano esperienze favorevoli. Notano con facilità l’aspetto positivo di quello che gli accade e si concentrano naturalmente sulla soluzione evitando di soffermarsi sul problema. La psicologa Sonja Lyubomirsky, che da decenni ricerca le cause della felicità, nel citare numerosissimi studi scientifici di settore, suggerisce che la felicità dipende da fattori genetici nel 50%dei casi, mentre il 10% dipende da cause esterne, al di fuori del nostro controllo. Il restante 40%, tuttavia, ha a che fare con i nostri pensieri, parole, emozioni, decisioni e comportamento. La felicità quindi diventa una responsabilità personale e non solo. Infatti, essere felici influenza positivamente sia lo stato di benessere che la performance del team con il quale si lavora. Infatti, la Gallup ha evidenziato che i manager che si concentrano sui punti di forza dei propri dipendenti raggiungono il 67% di engagement. Al contrario, i manager che si comunicano enfatizzando i punti deboli dei loro subordinati, raccolgono un engagement del 31%. I teams che vengono considerati ad “alta produttività” condividono feedback positivo sei volte di più rispetto alla media. I teams a “bassa produttività” generano il doppio del feedback negativo rispetto alla media. Allenare la felicità porta quindi dei benefici e risultati non solo personali ma anche sociali”.
La felicità si può allenare, nel lavoro come nella vita. E in alcuni paesi è un diritto